Fermate la carriera: voglio scendere!!!!

La sindrome da dipendenza dal lavoro o sindrome da workaholism

 

 

Marco arriva trafelato, come al solito con un ritardo consistente ed il telefono ancora in mano mentre sta finendo di fare una chiamata. 40 anni, un uomo all'apparenza deciso di sé, che lascia però intravedere un aspetto di vulnerabilità e di insicurezza, soprattutto rispetto al proprio aspetto fisico. Si scusa per il ritardo e inizia a parlare del suo lavoro e di quanto sia subissato di cose da fare. Marco è sposato da anni, ma fa fatica a trovare del tempo per sé e per la sua compagna. Da sempre un giovane promettente, ha avuto una carriera di tutto rispetto e attualmente potrebbe godersi la vita e i traguardi raggiunti. Eppure non ce la fa: Marco non riesce a limitare la propria responsabilità e continua a sovrapporre la sua carriera lavorativa alla sua vita personale. Spesso a contatto con lui si ha l’impressione che il lavoro rappresenti l’unico aspetto identitaria più che un’area funzionale e parziale della sua identità.

 

Anche a voi come a Marco capita di essere completamente assorbiti dal lavoro e di non avere del tempo libero da dedicare a voi stessi e ai vostri affetti? E’ difficile per voi godere dei vostri successi anche quando sono conformi alle vostre capacità? Il lavoro rappresenta il 90% della vostra vita?

 

Sentirsi apprezzati in modo autentico e realistico dai propri genitori, sia rispetto alle proprie caratteristiche fisiche che per le proprie abilità, è fondamentale per lo sviluppo di una buona autostima. Per considerarci persone degne e amabili, abbiamo bisogno di sentire che i nostri genitori e più in generale le figure che si occupano di noi hanno un’immagine positiva di noi e che ci stimano.

 

Quando e se ciò non avviene durante la nostra infanzia e nel corso dell’adolescenza, è possibile che la persona sviluppi delle credenze, consce o inconsce, che lo porteranno a sentirsi incapace, stupido, sgradevole, brutto, indegno e che rappresentano una conferma rispetto all'atteggiamento di chi non ha saputo riconoscere il proprio valore. L’iperinvestimento su un aspetto intellettivo/professionale rappresenta in questo caso l’unico modo per alleviare temporaneamente la sofferenza connessa a questa credenza.

Ma ancora, potremmo iperinvestire su un aspetto intellettivo/professionale perché intuiamo inconsciamente che questi sono i desideri e i valori di uno o di entrambi i nostri genitori e non realizzarli vorrebbe dire tradire i loro valori, essere sleale e farli soffrire.

 

Così come togliere spazio alla vita sentimentale e personale potrebbe rappresentare una modalità che ci difende dall’umiliare o ferire un fratello o un genitore amato che si è sempre sentito insoddisfatto di sé o è andato incontro a fallimenti.

 

Rivolgerti a uno psicologo potrebbe aiutarti a far luce sui meccanismi sottesi alle tue difficoltà. Trovare tempo e spazio nella tua vita per te e il tuo benessere potrebbe essere già di per sé terapeutico, al di là dei contenuti. E allora per dirla con le parole di Raphaelle Giordano: la tua seconda vita comincia quando capisci di averne una sola!

 

Dott.ssa Roberta Alesiani