LA PAURA AI TEMPI DEL CORONAVIRUS
Che ne siamo consapevoli o meno, di fronte a una situazione di pericolo si attiva il nostro “sistema di attaccamento”, la motivazione alla base del nostro bisogno di conforto, accoglimento, rassicurazione, aiuto, e le aspettative, consce o meno, che la nostra storia individuale ha associato ad esso.
Questo è avvenuto in ciascuno di noi già dalle prime notizie relative alla diffusione dell'epidemia di Coronavirus in Italia, ed ancora con più forza, e ancora con più frequenza e costanza, il nostro bisogno di rassicurazione si è imposto nelle nostre menti al crescere della diffusione del contagio e delle notizie trasmesse dai Media.
Il ruolo dei Media, il ruolo del Governo
“Noi perseguiamo la certezza con ogni grammo di forza, eppure è solo la nostra capacità di sopportare l'incertezza e la discontinuità a permetterci di continuare a cercare”, scriveva Louis Sander.
L'incertezza non è uno stato desiderabile per l'essere umano, specialmente quando essa è correlata a una situazione di pericolo. L'associazione incertezza-paura ci porta naturalmente a ricercare punti di riferimento che ci aiutino a capire cosa sta accadendo e ci diano degli aiuti/risposte/soluzioni che ci rassicurino,
un po' come quando un bambino molto piccolo, alla presenza di un estraneo, cerca lo sguardo dei genitori per sincerarsi che la presenza della persona sconosciuta non costituisca un pericolo da cui rifuggire;
o come quando un bambino un po' più grande, caduto sbattendo il ginocchio mentre giocava, trova sollievo nel ghiaccio posto dai genitori sul livido e dalle loro rassicurazioni per cui tutto passerà presto, tutto andrà per il meglio, purché si tenga il ginocchio a riposo, con il ghiaccio sopra e le opportune pomate.
Per un bambino la botta al ginocchio è qualcosa più grande di lui, e necessita di persone più grandi di lui che con amore lo sappiano consolare e curare.
Allo stesso modo per ogni individuo una pandemia è qualcosa più grande di lui, che necessita del sostegno della collettività, delle informazioni dei media e della cura del governo.
Mantenendo la metafora della botta al ginocchio, immaginiamo cosa accadrebbe se la mamma dicesse al bambino “troppo tardi, lo perderai!” o se al contrario gli dicesse “tranquillo, è solo una botta, continua a correre”, quando magari il versamento è tale da produrre un ematoma doloroso che porta il bambino a rischiare di cadere ancora, e ancora più pericolosamente e rovinosamente, senza l'opportuno riposo.
Alcuni giornalisti hanno fatto il mea culpa relativamente al modo in cui lo stile comunicativo attraverso il quale sono state diffuse le informazioni relative al Coronavirus hanno contribuito a scatenare un panico collettivo, alla base di gesti irrazionali (come la corsa ai supermercati o la fuga dalla “zona rossa” alla “zona rossa del giorno dopo”) e paradossalmente capaci di incrementare il pericolo invece di diminuirlo, creando un'eccessiva paura della morte e non riconoscendo una realistica paura del contagio. La visione “è solo un'influenza”, promulgata da “alcuni personaggi in vista”, è stata poi purtroppo smentita dai dati e dai fatti, agevolando condotte che, in una negazione della paura del contagio, hanno contribuito alla veloce diffusione dello stesso.
La quota di ansia che noi tutti proviamo di fronte a questo pericolo in parte sconosciuto costituito da un nuovo virus e che sta comportando problemi per molti, e rischi e limitazioni per tutti, è assolutamente normale.
Allo stesso modo è normale che l'allarmismo di certa Stampa porti a un incremento di questa ansia, come è comprensibile che ci si aggrappi alla speranza della “negazione del pericolo” promossa da alcune voci autorevoli. È nell'oscillazione tra questi due estremi, è nel bisogno adattivo di trovare una vicinanza più prossima a ciò che è reale, ai rischi effettivi e alle soluzioni efficaci e possibili, che il nostro passato assume una rilevanza.
Buone esperienze di supporto, in cui ci siamo sentiti compresi, tenuti in considerazione e rassicurati, ci aiuteranno a trovare tra le fonti quelle attendibili, a pesare realisticamente rischi e possibilità, e infine a dosare una sana paura, lontana da visioni catastrofiche, con una ragionevole speranza, fatta di azioni responsabili ed efficaci.
Ma quando, invece, spaventati, angosciati o tristi nel corso della nostra vita, abbiamo trovato una sensibilità incostante, palese o sottile, un'angoscia soverchiante o un lassismo irresponsabile da parte di chi si doveva prendere cura di noi, ecco che possiamo essere divorati dal terrore che sa di morte imminente o da una sprovvedutezza che porta al baratro.
In questi casi, un aiuto specialistico di uno psicoterapeuta esperto può fare la differenza.
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Percorsi online affinché, come ha detto il nostro Presidente Giuseppe Conte, “Rimaniamo più distanti oggi, per riabbracciarci domani. Fermiamoci oggi, per correre più veloci domani”.
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Dott. Giuseppe Stefano Biuso