La paura degli esami

Interrogazioni, compiti in classe, esami universitari, colloqui di lavoro e tutte le prove che la vita ci pone, normalmente ci spaventano un po'.

 

Il desiderio di fare bene, di essere apprezzati e riconosciuti nel nostro valore, il desiderio di esprimere noi stessi, ciò che ci appassiona, di ottenere un successo tanto desiderato, inevitabilmente si scontra con la possibilità di non farcela, un'eventualità che ci spaventa ma che, parimenti, è necessario tenere in considerazione.

 

Avere paura di fronte a una prova che stiamo per affrontare, a un esame che stiamo per sostenere, è importante: ci consente di concentrarci su ciò che desideriamo e di convogliare le nostre energie negli sforzi necessari a ottenerlo; ci consente di massimizzare la nostra possibilità di superare l'esame.

 

A volte la paura è di moderata intensità, a volte appena percettibile: in ogni caso, essa costituisce il carburante che ci spinge a studiare, a dare il nostro meglio.

 

Ma cosa avviene quando da fuoco che ci scalda la paura diviene un incendio che prende il sopravvento?

 

Ansia, preoccupazioni stringenti e disturbanti, difficoltà di concentrazione, vuoti di memoria: da evenienza possibile a destino quasi certo, il fallimento diviene una minaccia che ci priva di serenità e annebbia le nostri menti al punto da rischiare di divenire una “profezia che si autoavvera”. E così, anche quando siamo molto preparati, il terrore che proviamo può portarci a evitare l'esame, a rimanere a casa, a non rispondere all'appello o ad alzarci e andare via quando il professore ci pone la prima domanda che pure sapevamo. Con molta fatica, possiamo provare a resistere alla paura, ma l'ansia che ci pervade potrà inficiare la nostra prestazione, farci rendere molto meno di quello che potremmo.

 

Perché?

 

Perché giungiamo a sentire la possibilità di fallire come un destino inesorabile? Perché la possibilità di non raggiungere il nostro scopo diventa qualcosa di molto probabile e intollerabile?

 

Un paio di situazioni prototipiche (nomi di fantasia).

Giulio è sempre stato criticato dai propri genitori: qualsiasi cosa facesse non andava bene per loro, qualsiasi voto prendesse a scuola non era mai abbastanza. La mancata valorizzazione dei suoi genitori, le loro costanti critiche, lo hanno portato a sviluppare la credenza patogena per cui qualsiasi cosa avesse fatto non sarebbe mai stato all'altezza, il suo bisogno di essere apprezzato non sarebbe mai stato soddisfatto. Così, per lui, andare a fare l'esame significava esporsi a critiche certe che l'avrebbero fatto sentire nuovamente disprezzato, non abbastanza. Evitare l'esame era per lui un modo di proteggersi da questa evenienza, ma allo stesso tempo un'ulteriore prova della sua mancanza di valore. Quando riusciva a non desistere, spesso l'ansia lo portava a bloccarsi, a balbettare, a non riuscire a esprimersi come avrebbe voluto: il voto più basso di quello sperato diveniva per lui ancora una volta la prova del fatto che non era abbastanza. E quando l'esame andava molto bene era solo perché il professore era stato particolarmente buono o per una questione di fortuna, secondo lui. Sentiva inconsciamente che i genitori non potevano aver avuto torto e che lui effettivamente, come loro dicevano, non era abbastanza.

 

Lorena è cresciuta con una ragazza madre che aveva abbandonato gli studi per occuparsi di lei, dopo essere stata lasciata dal fidanzato. Di ciò quest'ultima ne ha sempre sofferto e per questo, nel corso degli anni, spesso ha rinfacciato a Lorena di aver avuto tutta una serie di opportunità che a lei erano state precluse. Una volta passato il test d'ammissione per l'università, Lorena cominciò a sviluppare una forte paura degli esami che rifletteva un inconscio senso di colpa che aveva sviluppato nei confronti della madre: “se avesse raggiunto il successo che desiderava, la madre ne avrebbe sofferto molto”, la credenza patogena inconscia che l'affliggeva.

 

Cosa fare?

 

Rivolgersi a uno psicologo può aiutarti a comprendere come le tue paure non abbiano a che fare con una tua incapacità o con una tua mancanza di valore, ma riflettano piuttosto il derivato di situazioni passate che possono essere elaborate e superate; il frutto di credenze patogene inconsce che necessitano di prove per essere abbandonate. Un intervento psicologico può aiutarti a divenirne consapevole e a trovare queste prove, in modo che la paura torni a essere il fuoco che ti scalda e ti accompagna verso la meta che desideri.

 

 

Dott. Giuseppe Stefano Biuso