Quando il lutto non passa

La perdita di una persona cara costringe un individuo che ne fa esperienza ad affrontare un percorso di sofferenza che assume caratteristiche molto soggettive.

Molti sono gli aspetti che influiscono sulle modalità con cui elaboriamo la morte di una persona amata o la fine di una relazione importante: la nostra personalità, i nostri modi abituali di affrontare la sofferenza, le nostre esperienze passate, il contesto ambientale in cui viviamo.

 

Il lutto, per quanto doloroso, è una risposta fisiologica che conduce ad un processo di riorganizzazione emotiva e cognitiva, in un percorso a tappe che alla fine consente di venire a patti con la perdita della persona amata, portare dentro gli aspetti piacevoli della relazione con lei, e volgersi verso la vita e verso il futuro.

 

La prima fase di ogni lutto è caratterizzata da vissuti di profonda tristezza e nostalgia e da un sentimento di perdita irrimediabile, dall'emergere in modo incoercibile e ripetitivo di ricordi e immagini associate alla persona.

 

L’esperienza di perdita può creare una vera e propria ‘rottura’ nell'equilibrio psicofisico dell’individuo che la subisce; non sono infrequenti cambiamenti che ostacolano o rendono più faticoso portare avanti le abituali attività: insonnia, disappetenza, difficoltà di concentrazione, stanchezza e mancanza di interesse nei confronti dell’ambiente circostante.

Queste manifestazioni sono normali nei primi 2 mesi e si riducono gradualmente di intensità e pervasività. L'elaborazione della perdita di una persona amata generalmente richiede un periodo di tempo che va dai 6 ai 12 mesi: dopo i primi periodi di forte sofferenza, la persona comincia a riappassionarsi ai propri interessi e alla propria vita relazionale, nonostante momenti di tristezza e nostalgia normalmente si ripresentino nel corso di tutto il processo di elaborazione.

 

Il lutto può essere paragonato a una ferita che va incontro ad un processo fisiologico di cicatrizzazione. Tale processo può complicarsi, rendendo prolungata e complessa la guarigione: la persona può percepirsi bloccata in interminabili rimuginazioni, sentirsi sopraffatta da sentimenti di nostalgia intensi e ricorrenti, sentimenti di incredulità e incapacità di accettare la perdita, per periodi che vanno ben oltre il normale arco di tempo dei due mesi successivi alla perdita.

Sono diversi i fattori che possono ostacolarci nel superare la perdita di una persona amata: aspetti insoddisfacenti, non sempre consapevoli, del rapporto con i nostri genitori, traumi o perdite pregresse, la percezione di uno scarso supporto da parte di chi ci circonda, le circostanze inaspettate e improvvise della perdita, il venir meno di un sostentamento economico.

 

Tutti questi fattori possono fare attribuire particolari significati alle perdite, a causa di credenze patogene inconsce che giungono a ostacolare il ritorno alle gioie della vita dopo i dolori del lutto.

La persona cara che ci viene a mancare, ad esempio, potrebbe essere colei intorno alla quale, consciamente o meno, abbiamo fatto ruotare la nostra vita.

Rimanere ancorati al proprio passato e ‘fedeli’ alla persona che abbiamo perduto può derivare dall'idea che il conseguimento di un obiettivo sano come quello di riaprirsi ad altre relazioni significative possa costituire, consciamente o meno, una colpa inaccettabile: sulla base delle credenze che abbiamo sviluppato su noi stessi a partire dalle nostre esperienze di vita, potremmo per esempio pensare che aprirci a nuove esperienze relazionali ci renderebbe sleali agli occhi della persona che è venuta a mancare e ai nostri stessi occhi.

 

A volte possono bastare pochi colloqui psicologici per chiarire il significato che la perdita della persona amata può aver assunto, trovare una disconferma dei propri timori e avviare un sano processo di cicatrizzazione in cui i ricordi possono essere trattenuti nel cuore, mentre torniamo ad abbracciare la vita.  

 

Dott.ssa Camilla Rugi